A quanti è capitato di vedersi notificare un verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada ad a mezzo PEC?
L’art. 201, comma 3, Codice della Strada, (“Notificazione delle violazioni”), come noto, dichiara che “… alla notificazione si provvede … con le modalità previste dal codice di procedura civile …”. Fra queste rientra anche la notificazione a mezzo posta elettronica certificata (art. 149bis c.p.c.).
Molto spesso, dunque, gli organi incaricati della notifica dei verbali di contestazione delle violazioni al C.d.S. ricorrono allo strumento della PEC, che presenta (tra gli altri) il vantaggio di garantire una trasmissione rapida ed immediata.
Nonostante la sua indiscussa utilità, tale strumento di notifica ha tuttavia presentato delle criticità.
Infatti, con la nota DRP/PS/147434 del 27 ottobre 2021, successivamente resa nota con la circolare 300/STRAD/1/10060.U/2021 del 17 novembre 2021 del Ministero dell’Interno, il Garante della privacy ha dichiarato lo “stop” alle notifiche tramite PEC ai professionisti delle violazioni al D.lgs. 285/1992 (C.d.S.).
A fronte degli innumerevoli reclami giunti da professionisti che lamentavano di aver ricevuto verbali di contestazione su caselle di posta elettronica certificata accessibili anche dai propri collaboratori, il Garante della privacy ha infatti ritenuto opportuno intervenire per effettuare alcuni chiarimenti.
Nello specifico, nella suddetta nota l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali si riferisce essenzialmente alle notifiche fatte a caselle di posta elettronica certificata individuate tramite l’elenco pubblico Ini-Pec (Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti).
La ricerca nell’Ini-Pec, infatti, permette solamente di individuare una casella riferibile al destinatario, senza avere la certezza che tale indirizzo di posta elettronica certificata sia ad uso strettamente personale.
Ad esempio, non può assolutamente ritenersi strettamente personale l’indirizzo PEC assegnato dall’Ordine professionale di appartenenza. Tale indirizzo, infatti, potrebbe essere impiegato anche a fini lavorativi.
Conseguentemente, nell’ipotesi in cui il destinatario della notifica lavori insieme con altre persone che, per esigenze professionali, hanno accesso alla sua casella PEC, soggetti diversi dal titolare della casella verrebbero a conoscenza della sanzione da questi ricevuta e la sua privacy ne risulterebbe violata.
Proprio perché non è dato sapere a priori se le caselle PEC individuate tramite la ricerca nell’Ini-Pec siano di uso strettamente personale ovvero siano accessibili anche a persone diverse dai titolari, il Garante della privacy ha disposto che, in questi casi, si deve ricorrere alla classica notifica cartacea in luogo di quella via PEC, così da scongiurare eventuali comunicazioni illecite di dati personali a terzi.
Ad ogni modo, la situazione cambierà con l’attivazione dell’Inad (Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese), allorché l’indirizzo PEC del professionista già presente nell’Ini-Pec verrà automaticamente iscritto nell’Inad, dove però il professionista stesso avrà la possibilità di registrare anche un altro domicilio digitale, specificandone la natura personale. A questo punto, consultando l’Inad, il soggetto incaricato di effettuare la notifica non dovrà più interrogarsi sulla natura personale o meno dell’indirizzo PEC riportato nell’indice. Tale dato, infatti, apparirà in automatico.
Fino ad allora, qualora venga proposto ricorso contro i verbali notificati a seguito di ricerche massive indiscriminate, ci sarà il rischio di vedersi annullare dal giudice le sanzioni comminate.